Esempio di intervento di rinforzo: applicazione del Sismabonus e incidenza dei costi

Si tratta dei rinforzi per la messa in sicurezza di un capannone a struttura prefabbricata, con la tecnica dei collegamenti tra gli elementi strutturali principali e il fissaggio anti-espulsione dei pannelli in cemento armato di facciata.

La necessità dell’intervento è scaturita a seguito delle richieste del datore di lavoro, su indicazione del Responsabile Sicurezza Prevenzione e Protezione (RSPP): nel caso in esame, il fabbricato era stato progettato senza regole antisismiche (perché in data antecedente a quella di classificazione sismica del comune) e, in particolare, senza adeguate connessioni meccaniche fra le travi e i pilastri, fra le travi e i tegoli di copertura, fra i pannelli di tamponamento e l’ossatura principale. Si è deciso pertanto di ricorrere all'installazione di connessioni metalliche, con la finalità di ridurre il rischio sismico.

Intervento con Sismabonus
VISTA DALL'ESTERNO DEL CAPANNONE OGGETTO DI INTERVENTO
Intervento con Sismabous
DISEGNO DI PROGETTO - PARTE DELLA DOCUMENTAZIONE REPERITA

Si riportano di seguito "i numeri" che definiscono l'intervento, grazie alle seguenti tabelle:

  • 1. SITUAZIONE DI PARTENZA

  • 2. PROPOSTA DI INTERVENTO

  • 3. ASPETTI ECONOMICI E FINANZIARI

NELL'IMMAGINE SONO VISIBILI I FISSAGGI DEI TEGOLI ALLE TRAVI E LE TESTE DELLE BARRE ADOTTATE PER I FISSAGGI DEI PANNELLI VERTICALI
NELL'IMMAGINE SONO VISIBILI I FISSAGGI DEI TEGOLI ALLE TRAVI E LE PIASTRE DI ANCORAGGIO FRA I PILASTRI E LE TRAVI

L'articolo dell'ing. Gianluigi Maccabiani sulla rivista "L'UFFICIO TECNICO" Maggioli, ottobre 2019.

Rischio sismico: L'applicazione del Sismabonus ai capannoni prefabbricati

Premessa

Il continuo aggiornamento normativo, a cui si accompagna sempre l’introduzione di nuove regole e nuovi paradigmi, costringe a rivolgere più attenzione a problemi che, per essere risolti, richiedono un approccio multidisciplinare. È il caso dei rinforzi antisismici, che oltre al campo dell’ingegneria strutturale, coinvolge anche il tema della sicurezza dei luoghi di lavo- ro e quello dei vantaggi economici (fiscali) offerti dal Sismabonus.

Nel caso di studio che si illustra di seguito, è possi- bile inquadrare i diversi aspetti: per l’approccio ingegneristico, le modalità esecutive degli interventi strutturali sono regolate dalle Norme Tecniche per le Costruzioni di cui al d.m. 17 gennaio 2018; per la sicurezza dei luoghi di lavoro, la necessità dell’intervento scaturisce a seguito della valutazione del rischio da parte del Responsabile Sicurezza Prevenzione e Protezione (RSPP) dell’azienda; per gli aspetti operativi ed economici, la decisione di eseguire opere di rinforzo sul fabbricato può maturare anche grazie alla conoscenza degli incentivi fiscali contemplati dal Sismabonus per la riduzione del rischio sismico. L’obiettivo di questo articolo è quello di trovare il fi- lo conduttore fra i temi di interesse e di mostrare un possibile approccio al problema, anche grazie ad un concreto esempio di intervento realizzato.

Si tratta, in sostanza, dei rinforzi per la messa in sicurezza sismica di un capannone a struttura prefabbricata in cemento armato, con la tecnica dell’inserimento di collegamenti tra gli elementi struttura- li principali e di fissaggi antiespulsione dei pannelli in cemento armato di facciata. Nel caso in esame, il fabbricato era stato progettato senza regole antisismiche (in data antecedente a quella di classificazione sismica del comune) e, in particolare, senza adegua- te connessioni meccaniche fra le travi e i pilastri, fra le travi e i tegoli di copertura, fra i pannelli di tamponamento e l’ossatura principale. Si è deciso pertanto di ricorrere all’installazione di collegamenti metallici, con l’obiettivo di ridurre il rischio sismico.


1. La riduzione del rischio sismico attraverso il Sismabonus

I provvedimenti fiscali e la classificazione sismica

A partire dal 2017, lo strumento fiscale denomina- to Sismabonus è stato fortemente potenziato mediante il provvedimento introdotto con la Legge di Stabilità: per la prima volta in Italia è stata messa in campo una procedura che consente di beneficiare di notevoli vantaggi economici, se si procede con l’esecuzione di interventi edilizi sui fabbricati, finalizzati al- la riduzione del rischio sismico. Si tratta di una misura molto importante che ancora oggi non è stata valorizzata adeguatamente rispetto alle sue potenzialità. Principalmente, dal 2017 l’agevolazione fiscale per gli interventi di mitigazione del rischio sismico ri- guarda non soltanto gli edifici che si trovano nelle zone sismiche ad alta pericolosità (zone 1 e 2) ma an- che quelli situati nelle zone a rischio inferiore (zona sismica 3), e riguarda tutti gli immobili abitativi (non soltanto quelli adibiti ad abitazione principale) e quelli destinati ad attività produttive.

Le disposizioni attuative che stabiliscono le regole per la classificazione sismica dei fabbricati sono sta- te pubblicate con il d.m. n. 58 del 28 febbraio 2017, modificato dal d.m. n. 65 del 7 marzo 2017. La detrazione è ripartita in 5 quote annuali e può andare da un minimo del 50% delle spese sostenute, fino al 70% e 80% (nei casi di salto di una o di due classi di sicurezza sismica), o addirittura fino all’85% nel ca- so di interventi condominiali.

Il caso dei capannoni prefabbricati

Il caso dei capannoni prefabbricati in cemento armato è quello che ha ricevuto le maggiori attenzioni, proprio per la più elevata efficacia che è possibile conseguire con le procedure attualmente vigenti, applica- bili fino al 31 dicembre del 2021.

In sostanza, a seguito dei terremoti emiliani del 20 e 29 maggio 2012 i crolli dei capannoni prefabbricati in cemento armato hanno evidenziato le gravi carenze dei fabbricati non progettati con regole antisismiche e cioè costruiti senza i collegamenti tra gli elementi strutturali (pilastri, travi, tegoli) e con pannelli pre- fabbricati di tamponamento debolmente ancorati. In effetti, capannoni solidi e ben costruiti, ma non pensati per resistere alle azioni sismiche, hanno provoca- to perdite di vite umane e notevolissimi danni alle attività produttive. Con pochi interventi a basso costo è possibile renderli antisismici o comunque migliorare moltissimo il livello di sicurezza.

Per il recupero fiscale del 70% della spesa sostenuta è necessario procedere con interventi di riduzione del rischio sismico, cioè principalmente con l’eliminazione delle carenze più importanti legate alla mancanza di collegamenti meccanici tra le parti prefabbricate, che consente il superamento automatico di una classe di rischio. Per accedere invece all’incentivo fiscale dell’80% della spesa sostenuta è necessario valutare il possibile superamento di due classi di rischio con interventi strutturali aggiuntivi. In particolare, infatti, nel caso in cui nello stato di fatto non siano presenti le connessioni tra le parti che definiscono l’ossatura principale del capannone (travi e pilastri), non è possibile attribuire la classe di rischio di partenza, salvo studi e approfondimenti teorici che non so- no nelle competenze e nelle disponibilità dei singoli professionisti.

La spesa massima su cui calcolare l’importo della de- trazione è pari a 96.000,00 € per ciascuna unità immobiliare, ripetibile per ciascun anno solare su interventi autonomi (cioè certificabili ciascuno in modo indipendente secondo i criteri tecnici previsti dalle linee guida), e comprende gli importi per gli interventi e per le prestazioni professionali.

Nel caso di studio presentato in questo articolo, gli interventi hanno consentito il salto automatico di una classe e l’accesso al recupero fiscale del 70%, come meglio illustrato nel seguito di questo documento.

Le modalità operative per accedere al Sismabonus Per le strutture assimilabili ai capannoni prefabbrica- ti è possibile ritenere valido il passaggio alla Classe di Rischio immediatamente superiore eseguendo solamente interventi locali di rafforzamento, senza una preventiva attribuzione della classe, se sono soddisfatte le prescrizioni nel seguito elencate, volte ad eliminare sulla costruzione tutte, ove presenti, le carenze seguenti:

• carenze nelle unioni tra elementi strutturali (ad es. trave-pilastro e copertura-travi), rispetto alle azioni sismiche da sopportare e, comunque, interventi volti a realizzare sistemi di connessione an- che meccanica per le unioni basate in origine sol- tanto sull’attrito.

• carenze delle connessioni tra il sistema di tamponatura esterna degli edifici prefabbricati (pannelli prefabbricati in calcestruzzo armato ed alleggeriti) e la struttura portante.

• carenze di stabilità dei sistemi presenti interna- mente al capannone industriale, quali macchinari, impianti e/o scaffalature, tipicamente contenuti negli edifici produttivi, che possono indurre danni alle strutture che li ospitano, in quanto privi di sistemi di controventamento o perché indotti al collasso dal loro contenuto.

Pena l’impossibilità di recuperare fiscalmente gli importi indicati, il progetto di rinforzo deve essere predi- sposto e certificato da ingegneri competenti; l’esecuzione deve avvenire attraverso ditte specializzate do- tate delle certificazioni previste dalle leggi; i materia- li impiegati per i rinforzi devono essere certificati secondo le norme vigenti.

Per procedere correttamente al recupero delle spese nella forma di detrazioni d’imposta è necessario per le aziende ricevere precise indicazioni da un consulente fiscale, e in ogni caso:

• depositare presso lo sportello unico comunale la pratica edilizia e (contestualmente) l’attestazione della classe di rischio (o del salto convenzionale di una classe) a cura del progettista, mediante l’asseverazione di cui all’allegato B del d.m. n. 65 del 7 marzo 2017;

• effettuare il deposito della pratica sismica e ot- tenere (quando prevista) l’autorizzazione sismica, secondo le norme vigenti;

• rispettare gli adempimenti relativi alla sicurezza cantieri (d.lgs. 81/2008);

• effettuare i pagamenti mediante metodo tracciabile;

• al termine dei lavori, depositare le attestazioni del direttore lavori e del collaudatore relativamente alla conformità dell’intervento a quanto previsto dal progetto.


2. Le possibili modalità di intervento sui capannoni prefabbricati

Nel caso dei capannoni a struttura prefabbricata in cemento armato, sono possibili strategie di intervento locali oppure globali. Gli interventi di rinforzo antisismico localizzati si differenziano da quelli che riguardano il comportamento globale perché non modificano la risposta del capannone sotto azioni sismiche e non mutano lo schema di calcolo complessivo. Nel caso di studio presentato in questo articolo, in funzione delle risorse economiche aziendali disponibili, è stato scelto il livello minimo di intervento (messa in sicurezza con eliminazione delle carenze attraverso rinforzi localizzati) che ha garantito un buon li- vello di sicurezza dei lavoratori e un primo adempimento degli obblighi di legge. È stato rimandato a tempi successivi l’eventuale intervento di incremento della sicurezza complessiva del fabbricato (attualmente pari a circa il 60%, dopo l’eliminazione delle carenze), che si potrà ottenere rinforzando i pilastri.

I rinforzi localizzati

Si tratta principalmente di intervenire sulle carenze più importanti e cioè di collegare gli elementi strutturali tra di loro, ad esempio mediante piastre d’accia- io fissate con tasselli meccanici o chimici. In partico- lare, è necessario tipicamente vincolare tra di loro le estremità delle travi con i pilastri, rinforzare gli eventuali appoggi a “forcella” nelle zone di appoggio del- le travi sui pilastri, collegare tra loro le testate dei te- goli di copertura con le loro travi di sostegno, impedire il ribaltamento di travi alte non adeguatamente controventate, fissare i pannelli prefabbricati di tamponamento alle travi o ai pilastri.

In particolare, è possibile stabilire, che gli “interventi locali” di rinforzo antisismico sono ammissibili, e consentono quindi la detrazione del 70% con il salto convenzionale di una classe, se rispondono alle seguenti affermazioni:

• gli interventi proposti devono essere tali da non modificare la risposta del fabbricato sotto azioni sismiche. Non deve mutare lo schema di calcolo complessivo. I parametri utilizzati nelle analisi (fattore di comportamento, categoria di sottosuolo, categoria topografica, classe d’uso, vita nominale) e i risultati ottenuti devono essere esplicitati e coerenti con l’intervento da eseguirsi.

Il calcolo delle azioni sismiche per il dimensiona- mento dei collegamenti deve tener conto del valore dell’accelerazione corrispondente alla pseudo-accelerazione spettrale S(T1) derivata dallo spettro di risposta definito dal comportamento in caso di evento sismico del capannone. Le azioni sollecitanti possono essere stimate con model- lazione completa dell’edificio oppure con metodo semplificato, mediante le linee di indirizzo per interventi su edifici industriali monopiano non progettati con criteri antisismici. Le sollecitazioni che interessano ogni connessione devono essere opportunamente individuate e chiaramente indicate nel progetto. Nel caso di modellazione FEM tridimensionale, bisogna prestare attenzione al fatto che generalmente i codici di calcolo adottano schemi a masse concentrate per il calcolo sismico e si potrebbe incorrere nell’errore di non porta- re in conto l’azione di taglio sismico corrisponden- te alla massa distribuita sugli elementi.

• Nel caso in cui per il calcolo delle azioni nelle connessioni sia adottata una modellazione globale e sia previsto un comportamento dissipativo, i col- legamenti in elevazione devono essere dimensionati con valori di taglio derivanti dall’applicazione del criterio gerarchia delle resistenze e dei fattori di sovra-resistenza, in base al momento resistente dei pilastri.

Le connessioni costituite da viti e fi chimici devono essere opportunamente verifiche. Nel caso in cui sia adottata una modellazione globale con comportamento dissipativo, i collegamenti mediante tasselli chimici o meccanici dovrebbero essere a maggior ragione sovra-resistenti rispetto alle piastre metalliche impiegate nelle connessioni.

• Nella relazione di calcolo devono essere presenti tutte le informazioni che consentono l’interpretazione e la verifica dei calcoli, correlando gli elementi del disegno con quelli dei tabulati di calcolo, anche attraverso piante e prospetti generali con l’indicazione di tutti i punti di intervento.

• In presenza di pannelli prefabbricati in calcestruzzo armato o alleggeriti devono essere introdotti adeguati angolari di fissaggio, con connessioni opportunamente asolate, per consentire il più possi- bile i movimenti relativi tra la struttura e i pannelli (nel piano di questi ultimi) al fine di evitare qualunque interferenza tra i componenti non strutturali e il comportamento globale del capannone.

• È necessario rimuovere le carenze di stabilità dei macchinari, degli impianti, e in particolare delle scaffalature, tipicamente contenute negli edifici produttivi, che possono indurre danni alle perso- ne o alle strutture che li ospitano, in quanto prive di sistemi di controventamento. Possibili strategie per le scaffalature esistenti: alleggerire i ripiani più alti; rinforzare la struttura con inserimento di opportune controventature a diagonali incrocia- te nei piani verticali e orizzontali; ancorare alla pavimentazione con almeno 2 tasselli M12 disposti simmetricamente al montante rispetto al pia- no della spalla e in presenza di piastre di base di spessore adeguato (almeno 5 mm); inserire tra- vi orizzontali posizionate ad altezza non superiore a 40 cm dalla pavimentazione (corrente a terra); scollegare le scaffalature dalle strutture principali.

• Le connessioni tra gli elementi strutturali attraverso l’inserimento di speciali dispositivi dissipativi sono da utilizzare con cautela, per il fatto che se non si elimina la presenza di attrito tra le parti (ad esempio mediante appoggi in teflon da interporre fra gli elementi esistenti) il funzionamento dei dispositivi è incerto e non pienamente efficace [8].

L’uso di sistemi con cavetti in acciaio è da valutare con cautela, per il fatto che tali dispositivi non costituiscono un vincolo bilatero tra gli elementi strutturali.

Gli interventi globali

Per quanto riguarda le modalità di intervento globale, è possibile prevedere due tipi di intervento: il rinforzo dei singoli elementi strutturali e dei collegamenti; oppure la modifica dello schema strutturale mediante l’inserimento di nuovi elementi (ad esempio controventature) per sopportare l’azione sismica globale. Nel primo caso rientrano senz’altro l’adeguamento (in prima fase) delle connessioni come indicato al punto precedente, a cui aggiungere gli interventi di incremento della resistenza dei pilastri, preferibilmente af- fiancati da provvedimenti che assicurino un’adeguata duttilità, eseguiti ad esempio mediante fasciatura o cerchiatura nelle zone di massima sollecitazione (alla base). In particolare, si può pensare ai seguenti interventi (per le formule si rimanda alla circolare 7/2019 applicativa delle NTC 2018): ringrosso della sezione trasversale del singolo pilastro (con aumento di resistenza a taglio e a flessione, rigidezza, e duttilità); rinforzo mediante l’utilizzo di fibre con incamicia- tura con calcestruzzo fibro-rinforzato ad elevate prestazioni (HPFRC, senza ulteriore armatura tradizionale) o con fasciature in materiali di varia natura; inserimento di quattro angolari lungo gli spigoli, collega- ti da piatti (calastrelli) saldati e fissati al pilastro, con adeguata connessione alle fondazioni (aumento della duttilità e della resistenza a taglio, nonché, ma solo in determinate circostanze, anche a pressoflessione). Nel caso di inserimento di elementi di controventa- mento, lo schema statico si modifica profondamente e quindi devono essere accuratamente verificati tutti gli elementi strutturali ed i collegamenti, sia quelli già in opera che quelli dei nuovi elementi strutturali, per le nuove modalità di sollecitazione. Controventamenti alle sole estremità del fabbricato in punti localizzati sono efficaci solo se l’impalcato possiede una adeguata rigidezza nel piano. Può essere previsto, in generale, un irrigidimento dell’impalcato mediante un sistema di controventamento di piano.

Il pavimento può essere utilmente collegato ai plinti al fine di realizzare un diaframma continuo che collega le fondazioni, limitando quindi eventuali spostamenti differenziali alla base dei pilastri; il collegamento efficace tra pilastri e pavimento industriale consente di utilizzare quest’ultimo come parte del sistema di fondazioni, andando a realizzare un più efficace vincolo alla base dei pilastri.

3. La sicurezza sismica dei luoghi di lavoro

Il rischio sismico

Il tema del rinforzo dei capannoni prefabbricati, associato ai vantaggi economici offerti dal Sismabonus, è strettamente legato a quello della sicurezza sismica dei luoghi di lavoro. La sicurezza sui luoghi di lavoro è regolata dal decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81: in particolare, il datore di lavoro deve assicurarsi che gli edifici siano sicuri e stabili nei confronti delle “azioni ambientali”, e cioè anche in relazione a un possibile evento sismico con una intensità prestabilita. Per capire se è necessario procedere ad una vera e propria valutazione della sicurezza sismica (operazione piuttosto complessa che compete agli ingegneri strutturisti) conviene prima valutare il “rischio sismico”, anche in forma sintetica, a cui i lavoratori sono esposti. In tal senso, si potrebbe fare in modo che accanto al noto Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) sia prevista la redazione di un documento contenente una prima analisi del rischio sismico (documento che, per analogia, può essere denominato “DVR sismico”).

La valutazione del rischio sismico, in analogia alla va- lutazione di altri rischi, può essere effettuata concettualmente con la relazione R=PxDxE, che lega il Rischio sismico (R) alla Probabilità (P), al Danno (D) e alla Esposizione (E). Nel caso dei terremoti, si procede a valutare il rischio sismico in base alla probabilità che si verifichi un evento significativo per l’attività aziendale e, conseguentemente, si individuano le corrispondenti misure di prevenzione e protezione per mitigare il rischio nei casi in cui questo sia elevato. L’evento sismico di riferimento è quello stabilito convenzionalmente dalle norme tecniche, ed è rappresentato da quel sisma che (per definizione) è in grado di superare il livello di salvaguardia della vita umana in quel determinato sito e per quello specifico fabbricato; si tratta cioè di un evento che conduce a priori a un livello di “danno gravissimo”, perché riguardante la vita umana. In funzione della probabilità di accadi- mento di questo specifico evento si può individuare il corrispondente livello di rischio, con indice sintetico variabile (usualmente assunto da 0 a 16). Si deve tener conto che gli indici più bassi (da 0 a 4) si attribuiscono se la probabilità di accadimento del danno gravissimo è inferiore al 10% in 50 anni, come accade per gli edifici già progettati con regole antisismiche. In funzione dell’anno di costruzione del capannone e di altri parametri è possibile quindi pervenire ad una prima stima sintetica degli indicatori di rischio.

In base al livello convenzionale di rischio individuato con la descritta valutazione del rischio sismi- co, si procede, se necessario (ad esempio con esiti di rischio “alto” o “molto alto”), alla vera e propria “valutazione della sicurezza” (anche detta im- propriamente “verifiche di vulnerabilità sismica”), e alla conseguente individuazione delle misure di prevenzione e protezione, a cura di professionisti specializzati (tipicamente ingegneri strutturisti), in ba- se a quanto stabilito dalle Norme Tecniche per le Costruzioni vigenti. Pertanto, proseguendo l’analogia con il noto DVR aziendale, si può affermare che il “DVR sismico” contiene la stima sintetica del livello di rischio negli ambienti di lavoro (con riferimento agli elementi strutturali, a quelli non strutturali e alle scaffalature) e contiene le indicazioni per procedere ai successivi approfondimenti; approfondimenti da svolgere soltanto in presenza di un livello di rischio “alto” o “molto alto”.

Il contenuto del “DVR sismico”

Per quanto riguarda gli “elementi strutturali”, in relazione alla sicurezza sismica delle strutture che costituiscono l’ossatura principale portante di ogni singolo fabbricato, è possibile ad esempio compilare nel DVR sismico una tabella, con l’attribuzione parametrica di indicatori di rischio convenzionali, in base all’anno di costruzione (o meglio, di progettazione) e al buono o incerto grado di conservazione dell’edificio e/o di “aderenza” al progetto. Gli indicatori possono ridur- si se si tiene conto della permanenza o meno di persone e di fabbricato che si trovano in zone a bassa sismicità (zona 4).

In relazione alla presenza di “elementi non struttura- li” posizionati internamente o esternamente al luogo di lavoro, la valutazione del rischio sismico di tali elementi può essere effettuata mediante la una tabella contenente ad esempio tre categorie: 1) Parapetti o decorazioni aggettanti, insegne e pannelli pubblicitari, ciminiere, antenne e serbatoi, pareti interne, tramezzature, facciate non incluse nel punto successi- vo, controsoffitti e corpi illuminanti; 2) Macchinari e impianti che possono, con il loro crollo, indurre danni alle strutture principali; 3) Tamponature esterne del fabbricato con pannelli prefabbricati in calcestruzzo armato ed alleggeriti.

Per le “scaffalature” posizionate internamente o esternamente al luogo di lavoro, la valutazione del rischio sismico di tali elementi può essere effettuata ancora una volta mediante tabelle, distinguendo, ad esempio: 1) Scaffalature con altezze superiori a circa 3 metri, non incluse nelle categorie seguenti; 2) Scaffalature interne che oltre a svolgere la funzione primaria di magazzino, sono “inglobate” nella costru- zione e contemplano anche la permanenza o il tran- sito di persone (al loro interno); 3) Scaffalature che possono interferire con l’intero edificio di cui sono parte (perché sono parte stessa della struttura portante, o perché con il loro crollo potrebbero coinvolgere la struttura principale).

In base all’esito degli esami effettuati per le tre tipologie di rischio sismico è possibile stabilire la necessità o meno di procedere con una specifica valutazione della sicurezza sismica, a cura di ingegneri strutturisti, per individuare in concreto le misure di prevenzione e protezione in linea con il decreto 81/2008.

Nel caso di studio presentato in questo articolo, la compilazione del DVR sismico a cura del RSPP ha evidenziato che il capannone era stato costruito sen- za regole antisismiche (prima della classificazione del comune) e che i livelli di rischio individuati possono ora essere mitigati progettando l’eliminazione delle carenze strutturali più importanti e rinviando nel tempo gli interventi più invasivi.

La valutazione del rischio sismico per le aziende: opportunità e obblighi

La riduzione del rischio sismico attraverso eventuali rinforzi meccanici può rappresentare una vera e propria opportunità. I vantaggi sono del tutto evidenti.

• Salvaguardare l’incolumità delle persone.

• Conservare il patrimonio aziendale presente all’in- terno dell’attività (impianti, prodotti, ecc.).

• Salvaguardare il ciclo produttivo-commerciale.

• Conservare il fabbricato, mantenendone il valore nel tempo.

• Ottemperare agli obblighi di legge in capo al dato- re di lavoro.

• Ridurre il premio assicurativo.

• Beneficiare degli attuali vantaggi fiscali del Sismabonus, se gli interventi sono portati a termine entro il 2021.

Per il caso di studio qui presentato, si riporta nel seguito il quadro delle spese sostenute e dei benefici ottenuti.

Ci si chiede, generalmente, se sia obbligatorio inter- venire per rinforzare concretamente i capannoni per aumentarne la sicurezza nei confronti dell’evento sismico, o comunque se sia obbligatorio valutare la sicurezza sismica di ciascun fabbricato che ospita i luoghi di lavoro.

Alla prima domanda è possibile già dare una risposta: no, nessuna legge prevede l’obbligo generalizzato di intervenire e rinforzare un fabbricato esistente, sia esso un capannone che ospita un ambiente di lavoro, ma anche una scuola, un ospedale, un municipio. Le Norme tecniche per le Costruzioni attualmente vigenti (NTC 2018) stabiliscono, nei confronti dell’azione sismica, soltanto le “modalità” per effettuare la valutazione della sicurezza; non stabiliscono l’obbligo di farla, se non per fabbricati non in regola con le norme vigenti al momento della loro costruzione.

Per quanto riguarda l’obbligo di fare l’analisi del rischio sismico e la conseguente eventuale valutazione della sicurezza sismica a cura di ingegneri strutturisti, bisogna riferirsi ancora al d.lgs. 81/2008: si deve fare attenzione, perché il rischio sismico pur non costituendo un rischio direttamente connesso all’attività professionale, è comunque da valutare. Infatti, il d.lgs. 81/2008, in riferimento a tutti i fabbricati che ospitano “ambienti di lavoro”, prescrive che sia sempre effettuata la valutazione di tutti i rischi che possono interessare gli ambienti stessi e che, nei confronti dei rischi strutturali, i fabbricati siano “sicuri” e “stabili”. In particolare, nell’art. 15 si fa riferimento ai rischi dell’ambiente (il terremoto è classificato come un’azione “ambientale”) e l’allegato IV (richiamato espressamente dall’art. 63), ricorda che quanto a stabilità e solidità: “Gli edifici che ospitano i luoghi di lavoro o qualunque altra opera e struttura presente nel luogo di lavoro devo- no essere stabili e possedere una solidità che corri- sponda al loro tipo d’impiego ed alle caratteristiche ambientali”.

Anche il Ministero del Lavoro, con comunicato del 6 giugno 2012, proprio a seguito degli eventi emiliani, ha richiamato esplicitamente l’obbligo dei Datori di Lavoro di garantire, per quanto tecnicamente possibile, la solidità dei luoghi di lavoro anche in relazione ad un potenziale evento sismico.

In sostanza, è possibile affermare che l’obbligo di effettuare una valutazione della sicurezza sismica del fabbricato non scaturisce dalle NTC, e nemmeno dalle norme che determinano l’agibilità o il collaudo dei fabbricati (d.p.r. 380/2001), ma scaturisce dall’esito della valutazione del rischio sismico (racchiusa ad esempio in un documento chiamato “DVR sismico”), con riferimento alla “solidità” e alla “stabilità” dei fabbricati che ospitano i luoghi di lavoro, nei confronti delle azioni ambientali, come previsto nel d.lgs. 81/2008.

Se si vuole, è possibile ipotizzare un parallelo tra la valutazione dei rischi nei confronti delle azioni ambientali (sismiche) e la valutazione degli altri rischi aziendali, utilizzando le seguenti definizioni:



VALUTAZIONE DEL RISCHIO SISMICO

Operazioni attraverso le quali, dopo aver esaminato tutti gli aspetti che determinano la pericolosità del sito, la vulnerabilità del fabbricato e la presenza di persone e cose, è possibile, anche in forma sintetica, pervenire a indicatori di rischio (ad es. "molto alto", "alto", "medio") attraverso i quali il gestore dell'opera è messo nelle condizioni di valutare la necessità o meno di specifici approfondimenti finalizzati a valutare i livelli di sicurezza nei confronti degli eventi sismici.

VALUTAZIONE DELLA SICUREZZA (NEI CONFRONTI DEL RISCHIO SISMICO)

Operazioni complesse che individuano i livelli di sicurezza, attraverso i metodi stabiliti nelle Norme Tecniche per le Costruzioni vigenti e che consentono, di gestire gli esiti delle verifiche pianificando le modalità e i tempi di eventuali interventi di riduzione del rischio sismico.



Le obiezioni più consuete

Obiezione n. 1: “Il terremoto rientrerebbe fra quei rischi esterni per i quali il datore di lavoro non ha al- cuna possibilità di incidere sulla probabilità del loro manifestarsi”.

L’obiezione è infondata, perché una volta reso noto il livello di rischio (attraverso la redazione di un semplice DVR), il datore di lavoro può pianificare le contro- misure da attuare, a partire dalla eventuale necessità di far valutare la sicurezza sismica del capannone, e proseguendo con le contromisure, pianificando tempi (ad es. 5 anni, 10 anni, ecc., a seconda del livello di sicurezza ottenuto dai calcoli) e modi (eliminazione delle principali carenze e labilità, fissaggio o rinforzo delle scaffalature e degli elementi non strutturali, ancoraggio dei tamponamenti, ecc.) per la riduzione del rischio sismico.

Obiezione n. 2: “L’incertezza del fenomeno sismico renderebbe non valutabili in modo scientifico le probabilità del manifestarsi di un terremoto e i suoi effetti sui fabbricati”.

Ma l’obiezione è infondata, perché non si tratta di eventi incontrollabili e imprevedibili ma di fenomeni che possono essere studiati e valutati, da chi è esperto nel settore, con i metodi di calcolo codificati dal- le leggi vigenti. Il terremoto ha una scala di intensità: quello di cui ci si deve preoccupare nel DVR è quel- lo che riguarda la “salvaguardia della vita delle persone” e che ha (per definizione) la probabilità di accadimento superiore al 10% in 50 anni per quel de- terminato sito sul territorio italiano, e che ricade tra quelli che pur “poco probabili” (10%<P<50%) devono essere presi in considerazione per via del “danno gravissimo” a cui corrisponde il superamento dello stato limite di salvaguardia della vita degli occupanti. Obiezione n. 3: “Ai fini della sicurezza strutturale sarebbe sufficiente verificare la presenza del certificato di agibilità e/o di collaudo statico”.

L’obiezione è infondata, perché si tratta del “muta- mento” delle condizioni rispetto all’agibilità e al certificato di collaudo. Se il livello di rischio si modifica durante la vita della costruzione, perché intervengono nuove leggi e nuovi studi geologici (la classificazione sismica attuale deriva dagli studi geologici del gruppo di lavoro del 2004), allora il datore di lavoro è tenuto a rivolgere la sua attenzione ai nuovi livelli di rischio, così come previsto dal d.lgs. 81/2008.

Obiezione n. 4: “Il rischio sismico è legato è alla si- curezza degli ambienti di lavoro ma non appartiene all’insieme dei rischi professionali propriamente detti che devono essere inclusi nel DVR aziendale”.

L’obiezione è soltanto di tipo formale: il decreto 81/2008 prevede che il servizio di prevenzione e protezione aziendale “individui le misure per la sicurezza degli ambienti di lavoro”, e proceda alla “valutazione globale e documentata di tutti i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori presenti nell’ambito dell’organizzazione in cui essi prestano la propria attività”. Ciò significa che per accertare le condizioni di “stabilità” e “solidità” (richiamate nel decreto stesso) è possi- bile procedere sia attraverso una “Valutazione della sicurezza” del fabbricato, oppure anche preliminarmente alla “Valutazione del rischio sismico” attraverso la redazione di documento che per brevità può essere denominato “DVR sismico”


Bibliografia[1] D.m. 17 gennaio 2018 Norme Tecniche per le Costruzioni e circolare 7/2019 Istruzioni per l’applicazione delle Norme Tec- niche per le Costruzioni.[2] Decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 Sicurezza luoghi di lavoro.[3] Decreto denominato Sismabonus e Linee Guida per la classificazione sismica (D.M. n. 58 del 28/02/2017, così come mo- dificato dal D.M n. 65 del 07/03/2017).[4] Linee Guida “Sisma Bonus: le detrazioni per gli interventi antisismici” – Agenzia delle Entrate. [5] Guida operativa Ecobonus e Sismabonus 30 maggio 2018 – ANCE.[6] “Sismica in Lombardia – L’attività di controllo sul progetto e sull’esecuzione” – Ediltecnico. Maggioli Editore.[7] Linee di indirizzo per interventi locali e globali su edifici industriali monopiano non progettati con criteri antisismici – RELUIS e altri.[8] Progettazione di connessioni dissipative fra gli elementi di copertura per il miglioramento della risposta sismica di edifici prefabbricati – ANIDIS 2017. Lorenzo De Stefani, Carolina Baruffi, Roberto Scotta, Renato Vitaliani.[9] Linee guida per la progettazione ed esecuzione di scaffalature metalliche in zona sismica – ACAI.[10] Pericolo sismico e sicurezza sul lavoro: un rischio da “valutare” – ADAPT University Press. Di Lara Giovanna Bertoncello.